Prima Prova Maturità 2019: traccia svolta su Stajano e l'Eredità del Novecento
Tra le
tracce di Prima Prova di Maturità 2019, una delle più scelte è stata senz'altro il
testo argomentativo: la
tipologia B3 conteneva un testo di
Stajano, famoso
giornalista e scrittore di inizio '900, sull'Eredità del Novecento. Avete fatto questo
svolgimento, ma non sapete com' andata? Se volete rivedere la
traccia svolta su Stajano e controllare il vostro
tema, trovate qui il nostro svolgimento di Prima Prova!
Se volete tutte le informazioni sulla Maturità 2019 con temi svolti, qui trovate tutto:
Traccia svolta Maturità 2019: Stajano e l'eredità del Novecento
Se cercate la
traccia svolta su Stajano e altri spunti per svolgere il testo argomentativo:
Parte 1 Testo Argomentativo sull'Eredità del Novecento
Il giornalista e scrittore Stajano apre il testo evidenziando come nell’ultimo secolo, come in un’evoluzione iperbolica, gli eventi accaduti siano stati numerosi, delle tipologie più disparate ed abbiano condotto l’umanità verso conquiste inaspettate ed insospettabili. L’inizio del Ventesimo secolo vedeva infatti una società totalmente diversa rispetto a quella che sarebbe stata poi figlia di tutti gli eventi accaduti in esso.
Passa ed elencare cosa sia successo: la nascita e caduta di imperi, totalitarismi, la fine di utopie, grandi errori ed orrori, il lento declino del vecchio stile di vita in favore di altri più nuovi: la vita non scorre più lentamente secondo lo stile di vita contadino, scandito dal rintocco della campana della chiesa del paese, ma rapidamente, regolata dalla sirena delle fabbriche, dall’incessante scandire degli orari sugli orologi, e poi ancora (aggiungeremmo) dei device digitali, e così via, in una caotica e sempre più vertiginosa evoluzione. La stessa geografia territoriale è cambiata: in sole due generazioni sono sorte nuove fabbriche, sono state abbandonate intere aree, milioni di uomini e donne hanno dovuto mutare i loro caratteri ed abitudini di vita, spostarsi in luoghi anche lontani dalle proprie origini.
Successivamente, l’autore fa un’analisi della strutturazione temporale del secolo scorso: gli anni prima della guerra, la Prima guerra mondiale, gli anni tra le due grandi guerre con l’ascesa dei totalitarismi, la Seconda guerra mondiale coi suoi orrori, poi il dopoguerra con la “guerra fredda”, fino al 1989. Oggi siamo, secondo l’autore, in una fase “post”, una fase di nuovo inizio, un mondo nuovo con nuovi equilibri che dopo gli anni Ottanta sta ritrovando nuovi assetti geopolitici: dopo la caduta del muro di Berlino, invece di un sentimento di liberazione, c’è stato un sentimento di smarrimento, poiché il terrore della guerra fredda teneva in equilibrio ed al sicuro il mondo intero, in modo quasi passivo: il controllo della paura è di più facile gestione rispetto alle innumerevoli ma oscure possibilità della libertà individuale e di gruppo. Libertà che prevedono l’accettazione di individui provenienti da altrove, nuove aperture e nuove conoscenze, un mondo globalizzato che fa i conti con economie aperte, con nuove possibilità ma anche con innumerevoli grandi rischi. Da qui, l’insicurezza: un mondo nuovo, con nuovi equilibri da stabilire e tante insicurezze.
2) L’autore nell’estratto intende affermare che in pochissimo tempo sono radicalmente mutate le abitudini della grande maggioranza delle persone: ad inizio Novecento vigeva un tipo di vita non molto lontana da quella dei contadini dell’anno Mille: un tipo di vita lenta, scandita dallo scoccare delle ore della campana della chiesa di paese. Con la globalizzazione, con l’industrializzazione, con la digitalizzazione il mondo contadino, placido e tranquillo, ha lasciato il posto ad una realtà sempre più interconnessa, nevrotica ed accelerata. Una realtà per certi versi esasperante.
3) L’autore si riferisce all’era del “post” come a quel periodo immediatamente successivo alla caduta del muro di Berlino: un periodo, come chiaramente da egli affermato, ricco di incertezze che ancora oggi ci portiamo dietro: la caduta di antichi equilibri di terrore della guerra fredda hanno generato un paradossale effetto negativo, liberando da un lato enormi possibilità, e suscitando dall’altro smarrimento nelle popolazioni. Nel 1996, a soli sette anni dall’evento, ancora non si sapeva in che direzione si sarebbe andati.
4) Lo stravagante smarrimento cui si riferisce l’autore che ha preso gli uomini è il riferimento a quel paradossale senso di infelicità, insicurezza, nervosismo che pervase gli Stati di tutto il globo alla fine della guerra fredda: fu come trovarsi al freddo dopo la rimozione di una calda coperta, poiché lo stato di equilibrio e del terrore teneva rigidamente fermi tutti, creando degli equilibri ben saldi. Equilibri che caddero completamente, generando un paradossale senso di insicurezza e quasi “paura”, paura della libertà.
Parte 2 Testo Argomentativo sull'Eredità del Novecento
Lo scrittore Corrado Stajano fa nella sua introduzione un’esemplare quanto breve analisi sugli accaduti del Novecento e come questo secolo abbia inevitabilmente cambiato il destino dell’essere umano e della sua storia: partito con un’evoluzione abbastanza lenta, le vicende nel XX secolo hanno accelerato in un modo tanto improvviso quanto vertiginoso, accumulando in soli cento anni una serie innumerevole di eventi, di conquiste, di guerre, ma anche di eventi vergognosi come lo sterminio degli ebrei, la realizzazione di armi atomiche, la realizzazione della digitalizzazione. Tutto ciò comporta un sempre continuo disequilibrio, poiché i riassetti sociali, tecnologici e societari giungono con sempre maggiore rapidità e con un lasso di tempo l’uno dall’altro sempre inferiore. Tutto ciò, se analizzato venti anni fa, come nello scritto di Stajano stesso, non lasciava presagire quali evoluzioni avrebbe avuto e “quale sarebbe stato il destino umano da lì a vent’anni” per l’appunto, ma oggi potremmo tirare già le somme, almeno in parte.
Le nuove generazioni, le generazioni della fine del XX secolo e quelle del XXI raccolgono un’eredità pesante: sono le generazioni del “post”, le generazioni cresciute per prime fuori dall’epoca del terrore, i primi fiori a sbocciare “liberi” da quel condizionamento mentale: lo si vede già nel modo di interpretare la vita, molto distante, sempre più distante dal modo dei loro genitori e tutori. A parte l’ambiente di crescita, anche le potenzialità tecnologiche hanno permesso ai giovani di interfacciarsi in maniera differente all’informazione, al sapere, alla conoscenza del prossimo: tutto ciò dovrebbe avere valenze nettamente positive, ciononostante non è sempre così. Ci stiamo sempre più allontanando dal mondo bucolico descritto da Stajano, un mondo scandito dai rintocchi di una semplice campana che spesso è sintomo di tranquillità. L’animo umano ha in parte bisogno di tale tranquillità, di uno stile di vita non esasperante, di una riflessione, di momenti di introspezione: tutto ciò è garanzia di coscienza di sé, ed anche di salute. Viviamo in un mondo, come affermato da Stajano, sempre più condizionato da orari, sveglie, appuntamenti, agende, un mondo “disumano”: paradossalmente, dopo vent’anni, possiamo affermare che la situazione si sia ulteriormente aggravata, siamo connessi a chiunque tramite social e smartphone, ma siamo così concentrati ad ottenere i nostri obiettivi, le nostre lauree, i nostri guadagni, al superare i nostri test ed i nostri esami, ad aumentare followers, conto in banca, a perdere peso, che ci siamo dimenticati del prossimo. Ed è da questa riflessione che bisogna partire per giungere ad una riflessione che poi si estende non solo all’Europa tutta, ma al mondo intero, in quanto mondo “globalizzato”: le guerre non sono finite, sono spesso solamente lontane da noi, lontane dall’attenzione dei nostri media, e per questo ci sembrano non esistere. Le tragedie non sono finite: quelle che hanno interessato intere nazioni africane, e che ancora oggi accadono, quello che succede oggi nel Mediterraneo con l’immigrazione, è figlio di quella paura di libertà ed al tempo stesso, paradossalmente, figlio della libertà. Il paradosso di Stajano pare essersi evoluto dallo “stravagante smarrimento” della fine degli anni Ottanta, per giungere al paradosso dei giorni nostri, una “stravagante interconnessione” in cui tutti sono connessi al mondo, ma nessuno si occupa di qualcuno al di fuori di sé. Purtroppo la colpa non è del singolo individuo, ma della strutturazione della società che ha accolto l’eredità del Novecento e si sta avviando in una direzione ben precisa, ad oggi sicuramente più facilmente individuabile.
Tutto ciò parrebbe ovviamente avere risvolti negativi, pare che la tecnologia stessa e l’evoluzione abbiano avuto solo risvolti negativi, ma non è così: siamo figli di tutto ciò che stiamo scoprendo. Nel Novecento abbiamo messo le basi per creare grandi imprese, così tante che non riusciremmo mai ad elencarle tutte: sul lato umano e medico, grazie ad una verticale crescita nel campo delle conoscenze, siamo oggi in grado di garantire un’aspettativa di vita importante a molte persone, e si calcola che tutto ciò avrà ulteriori miglioramenti, così come i trattamenti sia medici che chirurgici contro alcuni mali in passato giudicati incurabili. O ancora, la nostra conoscenza dell’ambiente e tutte le misure correttive che finalmente stiamo prendendo contro l’inquinamento (insomma meglio tardi che mai), o ancora le conquiste spaziali, che proiettano l’uomo per la prima volta al di fuori della sua culla natìa.
Per rispondere definitivamente al quesito, non esiste in realtà un modo esatto di cogliere l’eredità e le esperienze di quanto l’uomo ha fatto nel secolo scorso e di quello che è accaduto: di certo, non bisogna dimenticare il passato, perché come citato più volte, la storia è maestra di vita ed in quanto tale deve insegnare ad evitare gli errori del passato: orrori come quelli perpetrati durante la Shoah di certo non vanno ripetuti, eppure accadono tutt’oggi, nonostante la possibilità di accesso, rispetto al passato, ad una mole di informazioni enorme. Il mondo sta cambiando e, come detto inizialmente, cambia a velocità sempre maggiori, presto in 5G, eppure l’uomo non deve dimenticare di quel suo vecchio avo che placidamente la mattina si svegliava, salutava la moglie con un bacio ed andava ad arare i campi, in solitudine: un uomo riflessivo, sicuramente meno connesso alla globalità, ma di sicuro un uomo umano, che avrebbe accolto qualcuno in difficoltà nella sua casa, che si sarebbe accolto dei problemi di chi gli sta intorno e, seppure con i suoi mezzi limitati, avrebbe dato un aiuto. L’essere umano si caratterizza per la propria empatia, cerchiamo di non perderla per non divenire tutti dei freddi robot digitalizzati, iperspecializzati ed avanzati, ma soli.
(Credits Immagini: Wikipedia)