Sapevi che molte delle nostre decisioni sono influenzate da pregiudizi che non sappiamo neanche di avere? Sono i bias inconsci (unconscious bias), degli automatismi di pensiero che influenzano il modo in cui vediamo il mondo e ci relazioniamo con gli altri. 

La maggior parte delle volte non ci accorgiamo nemmeno di averli: succede, ad esempio, nei confronti di chi ha un diverso colore della pelle rispetto al nostro, delle donne, delle persone appartenenti alla comunità LGBTQ+ e delle persone con disabilità.

 

Se dovessi renderti conto di averli, non preoccuparti: riguardano tutti noi e non ci rendono intenzionalmente razzisti, misogini, omofobi o abilisti. Sono il risultato della nostra cultura e del contesto in cui siamo cresciuti, sul quale abbiamo poco controllo nella nostra fase di sviluppo e di crescita. Ecco perché è importante conoscerli e riconoscerli: per imparare a superarli e per prevenire le discriminazioni e favorire l’inclusione sociale di tutti. 

La campagna UNICEF “OPS!”

 

Per provare a rivelare i meccanismi che regolano gli unconscious bias, UNICEF ha lanciato la campagna “OPS! – La tua Opinione oltre ogni Pregiudizio, contro gli Stereotipi!”, che mira a coinvolgere adolescenti e giovani nella lotta ai pregiudizi inconsci. UNICEF lo ha fatto attraverso un lavoro culturale che ha coinvolto più di 2 milioni di persone, di cui 1,17 milioni erano giovani. La prima fase della campagna si è focalizzata sui pregiudizi razziali e si è conclusa a marzo 2021, con un talk a Roma che ha coinvolto anche ScuolaZoo. La seconda parte di OPS!, in corso ora tra settembre 2022 e marzo 2023, si concentra in particolare sui bias legati al genere e all’orientamento sessuale. 

Pregiudizi e intersezionalità: il nuovo sondaggio su U-Report Italia

 

Per capire fino in fondo gli unconscious bias è importante affrontare il tema delle discriminazioni intersezionali, dovute cioè a due o più caratteristiche di una persona. A dicembre 2022 UNICEF ha lanciato un sondaggio dedicato proprio all’intersezionalità, per far capire come due persone con caratteristiche simili (come il genere, la nazionalità, l’orientamento sessuale o il colore della pelle) potrebbero comunque subire livelli di pregiudizio e discriminazione diversi. Una donna migrante, ad esempio, è più esposta rispetto a un uomo migrante o a una donna italiana. Secondo il 53% dei votanti, solo alcuni degli influencer e delle pagine che si occupano di lotta ai pregiudizi sui social riconoscono e adottano questo tipo di prospettiva. Quasi la metà dei partecipanti (47%), inoltre, riconosce che i loro coetanei non hanno mai sentito parlare di intersezionalità. Una percentuale che sale al 75% tra gli over 35, mentre scende al 25% tra gli under 15.  

Una questione globale 


Come detto, questi pregiudizi si attivano anche quando agiamo in buona fede. Se non affrontati, però, rischiano di sfociare in forme di esclusione sociale pericolose. Per capire meglio di cosa stiamo parlando, in rete si può trovare un video particolarmente esplicativo: il un Ted Talk “Are you biased? I am” (“Sei prevenuto? Io sì”). Tra gli esempi portati ce n’è uno che prende in considerazione le discriminazioni di genere che avvengono in maniera implicita, spesso anche sul lavoro.

 

 

Il fenomeno degli stereotipi inconsci è stato riconosciuto ad alti livelli anche nelle istituzioni europee. La stessa Ursula von der Leyen, attuale presidente della Commissione Ue, ha dichiarato durante il suo primo discorso sullo stato dell’Unione la volontà di «combattere gli unconscious bias tra le persone, le istituzioni e anche negli algoritmi», attraverso un piano di sensibilizzazione e prevenzione tra i Paesi membri. Per farlo, ha nominato la prima coordinatrice per l’anti-razzismo nella storia dell’Ue, l’ex cestista ed ex funzionaria del ministero della Giustizia finlandese Michaela Moua. Chissà se servirà ad evitare una volta per tutte quelle frasi che iniziano con «non sono razzista, ma…». 

PAGA CON

Ciao, benvenuto su ScuolaZoo! Come possiamo aiutarti?

ScuolaZoo